La pochezza del calcio italiano in Europa: figure barbine di Milan, Atalanta e Juve
- SCADUTO ANTONIO
- 20 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Il calcio italiano sta vivendo un declino che non ha più scusanti. Non è solo il risultato delle partite, ma una totale incapacità di reggere il confronto con le altre potenze europee. L’eliminazione di Atalanta, Milan e Juventus dai playoff di Champions League non è un incidente di percorso, è la conferma che il nostro calcio è incapace di adattarsi ai tempi, di crescere, di imparare dai propri errori. La vergognosa uscita contro squadre come Bruges, Feyenoord e PSV, che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate alla portata di tutte le nostre squadre, è la fotografia di un calcio italiano che non sa più competere. Il nostro campionato sta ormai colando a picco, e questo non è un dettaglio. È una realtà che stiamo cercando di ignorare, ma che diventa ogni giorno più evidente. Quando squadre come Juventus, Milan e Atalanta non riescono a superare ostacoli di questo tipo, significa che la crisi non è più solo una questione di singole partite o di episodi sfortunati, ma di un sistema che ha smesso di funzionare. Le nostre squadre sono diventate prevedibili, incapaci di reagire a sfide di questo livello, e a nulla sono serviti gli sforzi di mercato o le scelte tattiche. Atalanta, Juventus e Milan sono solo la punta dell’iceberg. Il vero problema è che queste squadre, pur avendo tutte risorse economiche e storiche superiori rispetto alle squadre che le hanno eliminate, non hanno saputo costruire una mentalità vincente, una visione a lungo termine. La Juventus, da anni abituata a dominare la Serie A, è ormai una caricatura di se stessa, incapace di tornare protagonista in Europa. Il Milan, che nel recente passato ha vissuto la sua rinascita, è tornato nel caos più totale, persino sotto il punto di vista della gestione societaria. E l’Atalanta, che ha mostrato una grande crescita negli ultimi anni, sembra ora completamente incapace di fare quel salto che la sua filosofia di gioco avrebbe dovuto promettere. L’inadeguatezza delle nostre squadre non è solo una questione di tattica o singole decisioni. È un problema che affonda le radici in un sistema malato, in un calcio che ormai non sa più come reagire ai nuovi paradigmi del gioco europeo. La Spagna, con il Real Madrid, il Barcellona e l’Atletico Madrid, ha dimostrato ancora una volta di essere una potenza assoluta. Le squadre iberiche continuano a dominare il calcio europeo, senza fatica, mentre l’Italia arranca. Non è solo un problema di qualità dei giocatori: è una questione di mentalità, di organizzazione e di capacità di pianificazione. Se fino a qualche anno fa si poteva parlare di un equilibrio tra le prime leghe europee, oggi l’Italia è chiaramente indietro. Il Real Madrid, ad esempio, ha eliminato il Manchester City con un’arroganza che in confronto fa sembrare i nostri club incapaci di gestire anche le sfide più facili. La Spagna si è consolidata al secondo posto nel ranking UEFA, superando l’Italia, che si ritrova sempre più lontana dalle posizioni che contano. Se la nostra nazionale continua a perdere terreno, è difficile immaginare che le squadre italiane possano ritrovare la competitività che avevano anni fa. E se non si cambia marcia immediatamente, il nostro calcio rischia di restare escluso dai grandi palcoscenici europei. La Serie A è un altro specchio di questa crisi. La lotta per il quarto posto, che fino a qualche anno fa era una questione secondaria, oggi è diventata una guerra per la sopravvivenza, ma nessuna delle squadre che la combattono sembra davvero all’altezza. Napoli e Inter sembrano ormai fuori portata per il resto delle contendenti, mentre Juventus, Lazio, Atalanta e Milan si stanno contorcendo in una lotta disperata per evitare di rimanere fuori dalla Champions League, ma senza alcuna convinzione di essere davvero pronte per il grande salto. E intanto la Roma, pur avendo un buon calendario, è già a distanza siderale. Ma la situazione più tragica è che nessuna di queste squadre sembra intenzionata a cambiare davvero. Le dirigenze sono troppo legate alla gestione economica e a una mentalità che non può più essere considerata vincente. Si continuano a fare acquisti che non servono, si fanno promesse che non vengono mantenute, e si vive nella speranza che le cose migliorino da sole. Ma così non funziona più. Il calcio europeo è cambiato, è diventato un sistema globale, dove le risorse, la strategia, la mentalità vincente e l’innovazione fanno la differenza. L’Italia è ormai al margine di tutto questo, e non c’è più tempo per pensare che un paio di buone partite possano rimettere tutto in sesto. L’unica certezza che ci resta è che, salvo miracoli, la prossima stagione non vedrà cinque squadre italiane in Champions League. E la triste verità è che questa non è la sconfitta di una sola stagione, ma di un intero sistema che non riesce più a stare al passo con i tempi. Se non ci sarà un’inversione di tendenza totale, se le dirigenze non smetteranno di illudersi e non avvieranno un processo serio di rinnovamento, l’Italia rischia di rimanere ai margini del calcio che conta. È il momento di smettere di sperare in improbabili miracoli e iniziare a guardare in faccia la realtà: il calcio italiano è ormai in declino e, a meno di un cambiamento radicale, è destinato a scomparire definitivamente dai palcoscenici europei.
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