top of page

Guerra interna al Milan: divisioni tra dirigenti e un Ibrahimovic sempre più inadeguato

  • Immagine del redattore: SCADUTO ANTONIO
    SCADUTO ANTONIO
  • 5 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

La situazione che sta vivendo il Milan è ben più di un semplice dibattito su chi debba essere il prossimo direttore sportivo o l'allenatore che guiderà la squadra. È una guerra di potere che, se non risolta in fretta, rischia di trascinare il club verso un baratro che sembra ogni giorno più vicino. Non si tratta solo di un confronto tra personalità forti, ma di un bivio fondamentale: quello che potrebbe determinare il futuro del club. Per capirlo, bisogna mettere da parte le apparenze e guardare in faccia la realtà: se la divisione interna non verrà sanata, il Milan rischia di trovarsi di fronte a una crisi ben più grave di quella che stiamo vivendo ora. Da una parte c'è un gruppo di dirigenti, con Furlani in prima linea, che prova a mantenere il controllo sulla situazione, mentre dall'altra ci sono figure come Ibrahimovic che, pur avendo un'importantissima carriera alle spalle, si trovano in difficoltà nel ruolo che si sono ritagliati. Il grande ex attaccante, tuttavia, non sembra in grado di assumere il peso di un ruolo dirigenziale, né tantomeno di contribuire alla crescita del club in questa veste. Il suo ingresso nelle dinamiche interne del Milan sta suscitando più dubbi che certezze, alimentando una spaccatura che potrebbe minare la stabilità della squadra. Un altro punto nodale riguarda la questione del direttore sportivo. Tra i papabili, spicca la figura di Igli Tare, ex direttore sportivo della Lazio, che sembra avere più detrattori che estimatori. E la ragione è chiara: l'ultimo Tare alla Lazio ha combinato più danni di quanti ne abbia fatti alcun altro dirigente nel recente passato. Certo, sono stati portati a casa affari importanti come Luis Alberto e Milinkovic-Savic, ma è difficile non vedere le sue innumerevoli operazioni fallimentari, dai giocatori sottovalutati a quelli che non sono mai riusciti a integrarsi nel progetto. Nonostante questo, la sua figura è ancora esaltata, e la sua possibile nomina a direttore sportivo del Milan sembra più un atto di speranza che di concretezza. E qui sorge la domanda: cosa ci sarebbe davvero da guadagnare dall'arrivo di Tare? Cosa potrebbe offrire il suo operato al Milan, visto il disastro che ha contraddistinto le sue ultime stagioni alla Lazio? I nomi che ha portato a Roma non bastano a giustificare un eventuale ritorno in un club che ha bisogno di stabilità, competenza e soprattutto visione strategica a lungo termine. Ancor più incomprensibile appare la possibilità che Tare e Moncada coesistano all'interno dello stesso club, come se il secondo dovesse fare un passo indietro per fare spazio a un profilo che ha già mostrato i suoi limiti. È come se un direttore di banca decidesse di tornare a fare il cassiere: una scelta priva di logica che avrebbe solo l’effetto di confondere ulteriormente le acque. La verità è che il Milan ha bisogno di altro, non di compromessi e giochi di potere che potrebbero distruggere ciò che di buono è stato costruito.


Passiamo poi alla figura di Zlatan Ibrahimovic, il cui ingresso nel mondo dirigenziale ha suscitato entusiasmo, ma anche molte perplessità. Non c’è dubbio che Ibrahimovic sia stato uno dei più grandi attaccanti della sua generazione, ma questo non significa che abbia le qualità necessarie per gestire un club di calcio, soprattutto uno con la storia e le aspettative del Milan. In questi mesi, sono pochi i risultati tangibili che ha portato alla causa rossonera. Al contrario, le sue dichiarazioni e il suo atteggiamento hanno spesso alimentato più confusione che chiarezza. La sua posizione non è quella di un dirigente esperto, ma di un uomo che prova a costruirsi un futuro in un ambiente che, se non governato con competenza, rischia di diventare una giungla. La verità è che Ibrahimovic non può diventare dirigente da un giorno all’altro. Un club come il Milan, che deve fare i conti con un presente difficile e un futuro incerto, ha bisogno di più di una figura carismatica, ma di una persona capace di prendere decisioni strategiche a lungo termine. E questo, purtroppo, non sembra essere nelle corde di Zlatan. La guerra di potere che sta dilaniando il Milan rischia di avere conseguenze drammatiche non solo sulla dirigenza, ma anche sulla squadra. Se non ci sarà un chiarimento interno, la situazione potrebbe sfociare in una vera e propria crisi di identità, che si ripercuoterà inevitabilmente sul rendimento dei giocatori. Non è un caso che il Milan stia attraversando un periodo di incertezze anche in campo. La divisione tra le varie fazioni dirigenziali si riflette inevitabilmente sulla squadra, creando un clima di confusione che non aiuta a raggiungere gli obiettivi stagionali. Il club ha bisogno di una dirigenza unita, che sappia prendere decisioni chiare e condivise, senza che giochi di potere o ambizioni personali mettano a rischio il futuro. Se la situazione non verrà risolta, la frattura interna potrebbe compromettere tutto: dal mercato alla gestione della squadra, fino alla stessa immagine del club.


Il Milan ha bisogno di risolvere questa crisi al più presto. Se non lo farà, rischia di rimanere intrappolato in una spirale di errori e divisioni che potrebbe rivelarsi fatale.

Comments


bottom of page