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Buon viaggio, Bruno

  • Immagine del redattore: SCADUTO ANTONIO
    SCADUTO ANTONIO
  • 5 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

Bruno Pizzul, una delle voci più iconiche e amate del giornalismo sportivo italiano, è morto il 5 marzo 2025 all’età di 86 anni, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore degli appassionati di calcio e non solo. La sua carriera, lunga e straordinaria, ha attraversato oltre tre decenni di storia del calcio, con una voce che ha accompagnato gli italiani attraverso le emozioni più forti, i trionfi più esaltanti e le delusioni più dolorose. Nato a Udine il 24 marzo 1938, Bruno Pizzul ha vissuto una carriera che si è intrecciata strettamente con il calcio. Da giovane, Pizzul giocava a calcio, prima nella squadra parrocchiale di Cormons e successivamente nella Pro Gorizia. La sua passione per il calcio lo portò a intraprendere la carriera di calciatore professionista. Come centromediano, giocò con il Catania nel 1958, ma la sua carriera da calciatore fu breve. Concluse il suo percorso nel calcio giocato per dedicarsi ad altri ambiti, pur rimanendo legato al mondo dello sport. La sua carriera come giornalista sportivo iniziò nel 1969, quando entrò in Rai, vincendo un concorso che lo portò a diventare uno dei telecronisti più celebri del panorama sportivo italiano. Ma non si trattava solo di una questione di fortuna: Bruno Pizzul era un professionista con un talento naturale per la narrazione. La sua voce calda e coinvolgente divenne ben presto sinonimo di calcio, capace di trasmettere emozioni che solo un vero amante dello sport poteva raccontare. Il grande pubblico lo conobbe a partire dal 1986, quando cominciò a raccontare le partite della nazionale italiana. Da quel momento, la sua voce divenne una costante nei cuori degli italiani, soprattutto nelle occasioni più speciali. Pizzul fu la voce che raccontò i mondiali del 1990, conosciuti come le "Notti Magiche", quando l’Italia visse uno dei suoi momenti più alti. La squadra, guidata da Roberto Mancini, Gianluca Vialli e, naturalmente, dal capitano Salvatore Schillaci, arrivò a un passo dalla finale, conquistando il terzo posto, ma soprattutto un posto indimenticabile nella memoria degli appassionati. Tra le sue telecronache più memorabili c’è sicuramente quella dei rigori di Pasadena nel 1994, quando l'Italia sfidò il Brasile nella finale del Mondiale statunitense. La drammatica sequenza dei calci di rigore culminò con il famosissimo "Robertobaggioooo" di Pizzul, un'espressione che divenne emblematica della passione e della sofferenza di un'intera nazione, quando il rigore di Baggio andò fuori bersaglio, segnando la fine del sogno tricolore. Oltre alla sua voce immortale nei mondiali, Bruno Pizzul raccontò tutte le più grandi competizioni internazionali. Il suo cammino si intrecciò con l’ascesa della Serie A, che negli anni '80 e '90 dominava il calcio europeo, e con i successi delle squadre italiane in coppa. Nel 1985, fu lui a commentare la tragica finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, al di là della drammatica strage dell’Heysel, un episodio che segnò profondamente il calcio europeo e la storia dello sport. Pizzul era anche una voce autorevole nei tornei di club. La sua esperienza internazionale lo portò a raccontare la Coppa delle Coppe, la Coppa UEFA, e anche i successi italiani nelle competizioni europee, come la vittoria della Lazio nella Coppa delle Coppe nel 1999 e il trionfo del Parma in Coppa UEFA nello stesso anno. Oltre alle partite della nazionale, il suo nome rimase associato alla "Domenica Sportiva" e a "Sport Sera", due delle trasmissioni sportive più seguite e longeve in Italia, che lui condusse con la sua consueta competenza e passione, dando voce a tutta la realtà sportiva italiana, dal calcio alla Formula 1, passando per il ciclismo e altri sport. Bruno Pizzul non fu solo un telecronista, ma anche un simbolo di professionalità. La sua carriera in Rai fu costellata di successi e di momenti che hanno fatto la storia del giornalismo sportivo. Con la sua presenza elegante e la capacità di raccontare la partita con una narrazione avvincente, Pizzul divenne una delle figure più rispettate nel panorama mediatico italiano. La sua lunga esperienza lo portò a commentare cinque mondiali e quattro europei, una testimonianza di dedizione e passione per il calcio che lo accompagnò fino alla sua ultima telecronaca nel 2002, quando raccontò un'amichevole Italia-Slovenia, segnando il suo definitivo addio alla Rai dopo 16 anni di carriera con la nazionale. Quello che ha reso Bruno Pizzul una figura così amata dagli italiani non è stato solo il suo straordinario talento come telecronista, ma anche il suo carisma, la sua umiltà e la sua capacità di entrare nel cuore del pubblico. Era in grado di trasmettere ogni sfumatura dell'emozione di una partita, dall'euforia di un gol all'ansia di una finale, ed è per questo che la sua voce è diventata un simbolo di quella "famiglia" che è il calcio italiano. Pizzul sapeva che ogni partita non era solo uno spettacolo sportivo, ma un’emozione collettiva che univa milioni di persone, e lo raccontava come pochi sapevano fare. Le sue telecronache erano vere e proprie narrazioni epiche che facevano battere il cuore di chiunque, anche di coloro che non amavano il calcio. Il suo talento lo rendeva capace di trasmettere quella passione che va oltre il semplice gioco. La morte di Bruno Pizzul segna la fine di un'era. La sua scomparsa lascia un grande vuoto, non solo nel mondo del calcio, ma nell’immaginario collettivo di un’intera generazione che ha vissuto attraverso le sue telecronache i momenti più emozionanti della storia sportiva. I suoi racconti, le sue parole, le sue esclamazioni resteranno impresse per sempre nella memoria di chi ha vissuto l’evoluzione del calcio italiano, dagli anni più oscuri fino ai trionfi degli anni d’oro. Con il suo addio, si spegne una voce che è stata una colonna portante del calcio italiano, una voce che ha saputo raccontare come poche altre la magia del pallone, l'emozione di ogni gol e la passione che attraversa ogni tifoso. Grazie, Bruno Pizzul, per averci fatto vivere il calcio come solo tu sapevi fare.



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